Essere Papà (5) [Il linguaggio dei Bambini, SCOTTA]
Per essere un bravo papà bisogna imparare a capire il proprio piccolo.
Non sempre è così facile interpretare i versetti del bimbetto. Quando si ha la fortuna che il proprio bimbetto emette delle parole comprensibili, bisogna sapere che non sempre alla parola che dice il bambino associa lo stesso significato che gli date voi.
Io l'ho capito al secondo figlio e solo dopo un anno e mezzo. E vi spiego come.
Mi sono affannato a soffiare risotti già semi-congelati mentre che la piccola Vis Vis diceva ad alta voce "Scotta! Scotta!" con la faringite in corso.
Ora, il papà medio vive in perenne stato di semi-addormententamento/misto rinco causato dalle notti insonne cui lo sottopone il suo piccolo.
Tuttavia questo non giustifica del tutto agli occhi degli osservatori esterni (soprattutto se privi di prole) l'incapacità di comprendere il bisogno del bambino. Per evitarvi quindi di fare brutte figure, vi rivelo che nel caso del mio piccolo "Scotta" non viene associato alla sensazione di "calore" ma di "dolore" (nella fattispecie l'ingestione del chicco di riso provocava non tanto ustione alla lingua quanto piuttosto bruciore di gola).
La certezza, l'illuminazione, la comprensione assoluta, diciamo pure la rivelazione, si è compiuta quando ho visto la piccola urlare "scotta! scotta!" quando la Paoletta le ha messo la suppostina di Tachipirina!
Ma il bravo papà, che dev'essere umile e deve saper imparare dalle proprie manchevolezze deve essere anche abile nel volgere a proprio favore le situazioni.
Pertanto, se passate da casa mia e mi vedete urlare "scotta! Scotta!" se la Vivi prende il teelcomando, sappiate che non sono io il papà ammattito ma siete voi che non avete ancora del tutto compreso il linguaggio del bambino.
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